Qua sot la riva zancana

Qua sot la riva zancana

Si tratta di un progetto che ha per tema in particolare il territorio sanstinese e la sua evoluzione con lo scopo, attraverso una programmazione pluriennale, di valorizzarne l’identità culturale sotto diversi punti di vista e facendo ricorso a varie forme espressive. “Qua sot la riva zancana de la Livenza dormiona” cioè “qua sotto la la riva sinistra della Livenza sonnacchiosa” indica S. Stino, che è attraversato in tutto il suo territorio dal fiume, ed è l’inizio di uno dei più bei poemetti di Romano Pascutto: La Gigia.

Un progetto da articolarsi in 2 anni – 2004 e 2005- con una eventuale estensione, in cui affrontare diversi aspetti, in particolare gli interventi per il 2004 possono essere sintetizzati nel titolo “tera de strame e de fame“, e quelli per il 2005 in “tera de boschi e de fiumi” ad evidenziare alcuni elementi che hanno fortemente caratterizzato in passato questo territorio: lo strame, la fame, i boschi e i fiumi.


Tera de strame e de fame

S. Stino, come tutto il Veneto, è stata una terra che per larga parte del secolo scorso ha conosciuto la fame; l’economia era prevalentemente agricola e si può rappresentare con lo strame, cioè la stoppia (steli del grano o di altro cereale che restano nel campo dopo la mietitura) falciata, erba secca che serve da foraggio o da lettiera per il bestiame e che simboleggia appunto il mondo contadino e la grande epopea della bonifica.
Il progetto si concretizza nei seguenti interventi:
– rappresentazione teatrale sul tema della bonifica;
– mostra di pittura dell’artista sanstinese Biagio Pancino, affiancato da liriche di poeti del territorio – tra cui Zanzotto, Marin, Noventa, Giotti e soprattutto Pascutto- dedicata al tema in argomento;
– pubblicazione del catalogo della mostra, subordinato al sostegno, già richiesto e in fase di valutazione, da parte della Provincia e della Regione;
– acquisizione di opere di Pancino da esporre in permanenza negli edifici comunali.

La rappresentazione teatrale si è già svolta il 30 giugno 2004 presso la golena della Livenza a La Salute: l’associazione culturale Escrache ha portato in scena “Patanostrada, la terra“. Si tratta di un racconto teatrale dedicato alla cultura della terra, un omaggio alla civiltà contadina; un racconto sull’epopea dei braccianti veneti che parteciparono alla grande bonifica integrale, un’immensa opera in cui furona impiegati migliaia di uomini che a mano, pala e carriola crearono la terra.
La mostra di pittura verrà realizzata nel mese di dicembre presso il palazzo municipale.

Biagio Pancino è nato a S. Stino nel 1931 , ma la sua attività si è svolta solo per alcuni anni nel paese natale, infatti dal 1952 alterna periodi all’estero con ritorni al paese sempre più brevi sino ad abitare stabilmente in Francia dagli anni ’60, frequentando l’ambiente artistco parigino e svolgendo un’attività che lo ha fatto apprezzare a livello internazionale.
In particolare in questa mostra verranno esposte opere del “ciclo del palù” realizzate negli anni ’50 e ’60 e del “ciclo della torba” degli anni ’60.
Oper che hanno come riferimento reale gli spazi e l’atmosfera della campagna bonificata nella quale S. Stino è immersa.

Questo ambiente è particolare per molti aspetti: tra Piave e Tagliamento, per una profondità di una decina di chilometri dalla costa adriatica, si estendeva una vastissima palude, nella quale era praticamente inesistente l’insediamento umano. I terreni furono bonificati nel corso della prima metà del novecento; gran parte dei terreni erano e sono di grandi proprietà terriere; la mancanza di insediamenti umani se non di rade case coloniche, la mancanza di siepi o di alberature a delimitare piccole proprietà, fa si che lo sguardo vaghi all’infinito senza trovare ostacoli per queste campagne estese e piatte fini alla linea dell’orizzonte, in cui la fa da padrone la coltivazione del mais.
Altro elemento caratteristico è il cielo: normalmente l’atmosfera è piuttosto grigia e perlacea, è questo il colore dominante, ma in rari momenti, soprattutto prima e dopo temporali e venti i bora avvengono nel cielo spettacolari albe e tramonti.

Terzo elemento è la torba, cioè il terreno bruno costituito quasi esclusivamente da sostanza organica poca decomposta, è il primo stadio di carbonizzazione dei resti vegetali, frutto di ambienti saturi d’acqua. E’ la terra nera che emerge dalle paludi prosciugate, reperto fossile di erbe palustri, ceneri, minerali fibrosi; è un humus fertilissimo che dà distese enormi di granturco è caratterizza il paesaggio con il suo colore scurissimo.
Fondamentale il legame di queste opere di Pancino con il poeta Romano Pascutto, le cui liriche vanno affiancate ai dipinti.
Pascutto esplora con le sue poesie il mondo delle grandi paludi appena bonificate tra il Po e il Tagliamento nel corso della prima metà del novecento.

Un popolo fatto di braccianti, mezzadri, di contadini poveri, di sterratori, di badilanti, ancora torturato dalle antiche piaghe sociali della pellagra, della malaria, dei disturbi alimentari, della fame. Talvolta in quelle famiglie erano ancora vive le ferite delle due guerre, con il loro carico di vedove e di ricordi di morti.
Pascutto ne canta assieme al dolore del vivere anche la saggezza antica e i valori profondi.
Sullo sfondo delle vicende umana raccontate pone i fenomeni del naturale, le albe, i tramonti, l’aria che preavvisa il cambiamento delle stagioni, il paesaggio di campi e lagune; le vicende umane raccontate sono così strettamente intrecciate a una natura di grandi spazi, insieme amata e temuta, perennemente osservata e interrogata nei suoi mutamenti.

Pancino e Pascutto sono quindi immersi in questo mondo fisico e sentimentale; entrambi ne esplorano le diverse inflessioni: il poeta con l’arte della parola, il pittore con il disegno e il colore.


Tera de boschi e de fiumi

La storia di S. Stino di Livenza è fortemente legata a quella del suo fiume, la Livenza appunto, il cui corso, tra l’altro è stato oggetto di modifica nel secolo scorso, attraversava infatti il centro del paese. Una variazione questa che ha portato all’eliminazione della bellissima riviera in cui per secoli si era riflesso il castello del Mille.

Questa è stata in passato zona di boschi – soprattutto nella parte nord- testimoniati da antiche cartografie e il cui legno usato per costruire le navi della Repubblica di Venezia (i tronchi arrivavano al mare lungo la Livenza), poi via via ridotti fino essere completamente distrutti subito dopo la guerra.
S. Stino ha così perso in pochi decenni del secolo scorso i tre elementi paesaggistici più importanti: la palude, la riviera della Livenza in centro e il bosco.

Solo di recente quest’ultimo è stato oggetto di ricostituzione con un intervento di piantumazione su 120 ettari che fa del bosco di Bandiziol e Prasaccon il più esteso della pianura veneta.
Il progetto, da realizzarsi nel corso del 2005 ed ancora in fase di definizione puntuale, vuole appunto concentrarsi sugli aspetti relativi al bosco e al fiume e si concretizza nei seguenti interventi:

  • mostra di pittura dell’artista sandonatese Giovanni Cesca, dedicata in particolare ai fiumi di questo territorio, la Livenza e il Piave, con realizzazione di catalogo contenente anche poesie legate ai fiumi ed acquisizione di opere;
  • realizzazione di spettacoli teatrali presso il bosco e la golena del fiume;
  • pubblicazione di un libro sul bosco di Bandiziol e Prasaccon, assieme alla Provincia di Venezia e curato dal naturalista Michele Zanetti.

Pagina aggiornata il 26/06/2024

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