Descrizione
Il monumento ai caduti di Corbolone fu eretto per onorare la memoria dei 25 cittadini che persero la vita durante la Prima Guerra Mondiale. L'opera si trova in una posizione di grande visibilità, nel punto dove la riviera sul Malgher si divide, nelle vicinanze della chiesa parrocchiale e di piazza Cavalieri di Vittorio Veneto*.

“SIT MEMORIA ILLORUM IN BENEDICTIONE” “Che la loro memoria sia benedetta”
"Queste parole, tratte dall’antico Libro del Siracide e suggerite dal parroco Don Giobatta Del Frari, sono impresse da 100 anni sulla lapide frontale del monumento per commemorare i defunti e onorarne il ricordo.
Sul lato destro per chi guarda, invece, sono incisi i nomi dei caduti che non fecero più ritorno nelle loro case, il contributo di vite umane che Corbolone diede alla guerra: De Stefani Giovanni, Battistella Antonio, Marchesin Giuseppe, Caverzan Giovanni, Marin Luigi, Gaiardo Giovanni, Zanon Andrea, Caverzan Ernesto, Gaiardo Giovanni, Marin Andrea, Caverzan Ernesto, Zanin Vittorio, Rocco Luigi, Bragatto Giuseppe, Sandre Giobatta, Perissinotto Pasquale, Zanon Pietro, Fabretti Vittorio, Nobile Luigi, Zanutel Giuseppe, Zanutel Adolfo, Cester Ruggero, Crosariol Vittorio, Arviani Pietro, Treschi Giuseppe, Bragatto Antonio, Prausello Antonio, Visotto Oreste.
Leggere i nomi di tante giovani vite strappate alle loro famiglie, fa davvero impressione: in quella lista risuonano diversi cognomi familiari di persone tuttora residenti a Corbolone. Scorrendo l’elenco pubblicato dal Ministero della Guerra nel 1964, alcuni di loro morirono sul Carso, altri sul Monte Nero, sul Monte San Michele o sul medio Isonzo per ferite riportate in combattimento, Non manca chi perse la vita per la malattia, gli stenti e le privazioni negli ospedali da campo oppure in prigionia, per lo più in luoghi lontani, mentre per altri non è stato possibile determinare la causa della morte in quanto privi dei fogli matricolari.
La Guerra, quella guerra, fu uno sterminio senza precedenti. Prima di allora la morte era accettata come diretta conseguenza di una malattia o della vecchiaia, ma quanto avvenuto aggiunse alla “morte naturale” il concetto di “morte in guerra”, sinonimo di una fine prematura, inaspettata, violenta, ancor più traumatica in quanto abbattutasi su una generazione di persone giovani e vitali. Infatti, fra i caduti corbolonesi ce ne sono diversi di giovanissimi, tra i quali alcuni ventenni e un diciannovenne. Ci furono famiglie che persero più di un figlio nel conflitto: i fanti Giovanni ed Ernesto Caverzan, soldato semplice il primo e caporale il secondo, morirono, uno per malattia nell’ospedale da campo n. 220 e l’altro anch’egli in un ospedale da campo, ma per ferite riportate in combattimento. Nella famiglia Zanon, Andrea di 20 anni perì sul medio Isonzo per ferite riportate in combattimento mentre Pietro che di anni ne aveva 19, perse la vita in prigionia, per malattia. Anche chi era rimasto a Corbolone fu toccato dal dramma, così come risulta dalle precise annotazioni del parroco don Tita: nel novembre del 1917 Pietro Prizzon, di 14 anni, “morì nella casa di Ruggero Pantarotto adibita ad ospedale della Croce Rossa austriaca in seguito a ferite prodotte da esplosione di bomba a mano da lui trovata nei propri campi”; pochi giorni dopo, il 1° dicembre, Maria Praussello, di 28 anni, “morì in seguito allo spavento per lo scoppio di una granata (durante il combattimento sul Livenza dei primi giorni dell’invasione austriaca), sul focolare della propria casa dove trovavasi con 4 bambini e altre persone”.
Quello che emerge, quindi, è uno spaccato storico e umano particolarmente toccante, dal quale comunque traspare un atteggiamento di resilienza e reazione, che la comunità di Corbolone abbracciò fin dal 1922, prodigandosi in diversi modi per costruire “l’espressione fisica della memoria”, rappresentata dal monumento eretto nel 1925, e che, in quanto tale, va considerato a pieno titolo un patrimonio di grande valore antropologico e sociale: un ricordo, un pensiero, un perpetuare la memoria di chi ha dato la vita per la libertà.
La quotidianità a Corbolone si fermò nella mattinata di domenica 28 giugno 1925 quando ebbe luogo l’inaugurazione del monumento, con una solenne cerimonia a cui prese parte tutta la cittadinanza e nella quale furono moltissimi gli invitati fra personalità civili, militari e religiose. La celebrazione terminò con un banchetto al quale furono invitati, anche attraverso un invito letto in chiesa durante la Santa Messa da don Tita, tutti i sottoscrittori, gli ex combattenti, i mutilati e i congiunti dei caduti.
Il monumento ai caduti, al pari di tantissimi altri in Italia, ha rappresentato (e lo testimonia anche ora), l’omaggio di vicinanza di un’intera comunità a tutti coloro che, con la perdita dei loro cari, avevano patito in prima persona il devastante impatto dell’evento bellico terminato pochi anni prima." - Marzia Liuto
L'autore
Il monumento è opera dello scultore vicentino Egisto Caldana attivo in Veneto nella prima metà del '900, che ha realizzato una rappresentazione realistica dell'atto eroico di chi, combattendo, dona la propria vita per la patria. L'opera è caratterizzata da un soldato che si erge con la propria bandiera, in un controllato patetismo che trasmette il senso del sacrificio e dell'onore*.
"Con il contratto stipulato il 9 gennaio 1925 il Comitato “Pro Erigendo Monumento” di Corbolone dichiarò di accettare il bozzetto presentato dallo scultore Egisto Caldana, nato a Vicenza nel 1887, vissuto tra la fine dell'Ottocento e la metà del Novecento.
La sua formazione e la sua carriera si svilupparono in un'epoca in cui l'Italia stava attraversando profondi cambiamenti, grandi trasformazioni sia sociali che artistiche. In quel contesto egli seppe distinguersi per la sua prolifica attività e per la varietà delle sue creazioni, tra le quali spiccano anche i monumenti commemorativi della grande guerra, mezzi attraverso i quali si esprimeva il ricordo collettivo contribuendo alla costruzione di una memoria condivisa della guerra e dei suoi caduti. Molte sue opere sono presenti in diversi comuni del Veneto e in Italia, tra le quali altre due con lo stesso soggetto rappresentato a Corbolone e mostrano la capacità di Caldana di interpretare il sentimento del tempo, realizzando creazioni che rispondevano alle esigenze di rappresentazione e memoria delle comunità locali del tempo.
Nel corso degli anni, la sua produzione artistica non si limitò ai monumenti e alle sculture pubbliche: si occupò anche di prodotti artistici che decoravano spazi pubblici, come la Spigolatrice e le allegorie della Fecondità, simboleggiate da grandi vasi ricolmi di frutta, che dimostrano la sua versatilità e la sua abilità nel trattare temi diversi. Nonostante la sua attività fosse radicata nel contesto locale, Caldana non mancò di ottenere riconoscimenti anche a livello internazionale. Partecipò, ad esempio, alla IX Esposizione Internazionale d'Arte della città di Venezia nel 1910, un evento di grande prestigio che gli permise di esporre le sue opere a un pubblico più ampio e di confrontarsi con le tendenze artistiche del momento. Fu anche un artista capace di esprimersi attraverso opere più intime, come dimostrato dalla scultura in gesso "Vecchio che prega", esposta alla Esposizione Nazionale d'Arte a Brera nel 1915. Questa scultura rivela un aspetto più personale e riflessivo del suo lavoro, lontano dalle grandi narrazioni pubbliche. La carriera di Caldana fu segnata anche dalla necessità di autopromozione, come evidenziato da una lettera in cui si rivolgeva ai Comuni per offrire i suoi servizi come scultore, dimostrando la sua capacità di adattarsi alle dinamiche del mercato artistico del tempo. Questa pratica era comune tra gli artisti dell'epoca, che dovevano spesso cercare attivamente committenze per poter realizzare le loro opere.
Egisto Caldana morì nel 1961, lasciando un'eredità artistica significativa che ancora oggi può essere ammirata in molte città italiane. Le sue sculture e i suoi monumenti continuano a essere oggetto di studio e di interesse, sia per la loro qualità artistica sia per il loro valore storico e culturale." - Marzia Liuto
La realizzazione
La costruzione del monumento fu promossa da un Comitato cittadino, ma il principale promotore dell'iniziativa fu il parroco don Giobatta Del Frari. Per raccogliere i fondi necessari, il sacerdote compose anche dei versi poetici rivolti ai cittadini di Corbolone, in cui sollecitava con tono spiritoso le donazioni, accettando qualsiasi forma di contributo, dal denaro contante ai prodotti agricoli come "anitre, oche, capponi, ova e galline" *.
I Monumenti ai Caduti della Prima Guerra Mondiale sono disseminati un po’ in tutto il territorio italiano e, anche se oggi rischiamo spesso di passarvi accanto in maniera piuttosto indifferente, non significa che essi abbiano cessato di raccontare una storia tanto commovente quanto significativa. Nel caso di Corbolone il fenomeno dell’erezione del Monumento è stato frutto della volontà popolare: semplici paesani, congiunti dei caduti, piccoli negozianti del luogo. Nel registro della sottoscrizione “Pro Monumento ai Caduti di Corbolone”, iniziata il 13 giugno 1922, il primo offerente fu il Parroco Don Giobatta Del Frari che versò 100 lire. Seguono i nomi di altri donatori, persone benestanti del paese e poi di seguito donazioni anche di entità minima (a volte solo 2 lire), da parte di uomini e donne – tra cui non mancano i familiari dei soldati scomparsi – dalle condizioni economiche davvero modeste, che compatibilmente con le proprie finanze si privarono di ciò che potevano per ricordare un figlio, un marito, un fratello, un amico.
L’obiettivo primario assegnato al Comitato che venne successivamente costituito, fu quello di recuperare la cifra per portare a termine il progetto. Da questo punto di vista, le soluzioni adottate per arrivare a reperire tutti i fondi necessari, furono davvero sorprendenti. Scorrendo il Registro di Cassa, accanto alle offerte, frequenti sono le donazioni acquisite, per esempio, in seguito alle vendite di uova. Andarono a rimpinguare il gruzzolo anche i ricavi derivanti da cene, banchetti, gare di bocce e nuoto sulla Livenza, oltre a quelli della sagra paesana di settembre e alla pesca di beneficenza. Per arrivare alla concretizzazione dell’iniziativa lavorarono a vario titolo tantissime persone e diverse «signorine» (tra cui molte bambine) che si occuparono del reperimento dei doni con un’azione porta a porta.
I regali messi in palio erano provenienti da offerte ottenute localmente (bottiglie di vino e altri premi in natura); tra i premi acquistati, invece, figurano nel registro specchi, sveglie, orologi a pendolo, astucci d’argento, calamai, valigie e portamonete, tutti oggetti utili ma troppo costosi per le famiglie di quel tempo. Non mancò il contributo degli esercenti del paese e il proprietario di un circo e di una giostra, di passaggio durante la sagra di settembre, lasciarono un’offerta di 40 lire. Risultano donazioni anche da parte di avvocati di Venezia e di Motta di Livenza, amici delle famiglie Carnielli e Calzavara oltre ai Parroci della zona. Nell’elenco figurano, inoltre, il Sindaco e il farmacista di San Stino, i Carabinieri della locale stazione e il proprietario del cinematografo. Anche il Comune di San Stino risulta tra i contribuenti.
Periodicamente il denaro raccolto veniva consegnato dai componenti del Comitato al Cassiere, il maestro Corrado Gubitta, che aveva il compito di tenere la contabilità e amministrare i fondi, il quale lo depositava nel Libretto appositamente aperto presso la Cassa di Risparmio di San Stino. L’anno 1925 fu quello decisivo: finalmente si era raggiunta la somma richiesta dallo scultore Egisto Caldana e da aprile a giugno si potè concretizzare il progetto a lungo atteso.
Si lavorò alacremente fino al raggiungimento dell’obiettivo e ne sono testimonianza le ultime tre elargizioni riportate nel registro cassa. In occasione della solenne inaugurazione, il 28 giugno 1925, in seguito al “fitto del pergolo e finestre” (per consentire di assistere alla cerimonia da un punto privilegiato), il signor Bellotto, proprietario della casa di fronte al monumento donò 41 lire. La vendita della poesia composta per l’occasione dal parroco Don Giobatta fruttò 63 lire e 40 centesimi mentre la vendita delle cartoline con la fotografia del monumento ne portò in cassa altre 120.
Tenacia e perseveranza avevano portato frutto.
Non è possibile raccontare la storia del Monumento ai Caduti della Grande Guerra di Corbolone senza parlare di Don Giobatta Del Frari (per tutti don Tita), che ne ideò la nascita e si impegnò per la sua realizzazione fin dal giugno del 1922, partendo da una sottoscrizione i cui proventi vennero raccolti grazie a numerose iniziative di beneficenza e a varie offerte e donazioni.
I tratti più salienti che delineavano la figura di questo sacerdote, parroco di Corbolone dal 1906 al 1931, erano il sorriso franco e aperto, gli occhi azzurri vivi e intelligenti, un carattere mutevole, estroso, piacevole e brioso nel conversare.
Era nato a Castelnovo del Friuli il 31 maggio 1859. Ultimate le scuole elementari si recò nel seminario di Portogruaro dove insegnava lettere uno zio materno, Monsignor Giambattista Cesca, per frequentare il ginnasio come esterno. Proseguì poi gli studi come alunno interno, ma dovette interrompere il corso teologico per il servizio militare. Nel 1885 fu ordinato sacerdote. Fu quindi Cappellano a Cavasso, economo spirituale a San Lorenzo di Valvasone, curato a Pielungo. Fu parroco per 7 anni a Meduno e successivamente cooperatore di Don Raimondo Bertolo a San Stino di Livenza. Nel 1905, resasi vacante la parrocchia di Corbolone in seguito alla morte di don Leonardo Missana, si presentò come candidato per la nuova sede di juspatronato* locale e fu eletto Parroco: ebbe l’investitura ecclesiastica il 25 maggio 1906.
Don Del Frari, assolti i doveri pastorali, impiegava il suo tempo nello studio e si teneva aggiornato su quanto accadeva nel mondo, sapendo giudicare con penetrante intuito uomini e avvenimenti. Il Nuovo Testamento era per lui particolare oggetto di lettura e di meditazione; leggeva la Bibbia e tra i suoi libri figurava la Somma Teologica di San Tommaso; conosceva la Divina Commedia, l’Orlando Furioso, la Gerusalemme Liberata.
Amava la letteratura e registrava minuziosamente fatti ed eventi con una scrittura pulita ed elegante: sono presenti nell’archivio parrocchiale numerose testimonianze che delineano queste sue caratteristiche distintive e che aiutano a capire il contesto di vita di quel tempo.
Visse a Corbolone in anni difficili: povertà, emigrazione, guerra, malattia, perdite umane. Soccorreva i bisognosi in proporzione alle sue possibilità; alla semplicità di vita, all’amore per lo studio e per i suoi parrocchiani, congiungeva una fede viva, schietta e una pietà profonda.
Dopo la ritirata di Caporetto, nel novembre del 1917, rimase con la sua gente e fu testimone dei drammatici giorni di guerra combattuta di qua e di là del Livenza, a cui seguì un anno di lutti, di paure, con le stalle e i pollai vuoti, privati di tutto, pure delle campane.
Il conflitto bellico aveva lasciato anche a Corbolone il suo tragico segno, messo in luce dai dati minuziosamente riportati da Don Tita nei registri parrocchiali il 1° luglio 1918:
| Abitanti di Corbolone | Profughi stabilitisi a Corbolone | ||
| adulti maschi | 277 | adulti maschi | 59 |
| adulti femmine | 459 | adulti femmine | 89 |
| fanciulli al di sotto dei 12 anni | 245 | fanciulli al di sotto dei 12 anni | 63 |
| fanciulle al di sotto dei 12 anni | 201 | fanciulle al di sotto dei 12 anni | 57 |
| Totale | 1182 | Totale | 268 |
|
Totale generale abitanti in Corbolone 1450 |
|||
L’evidente sproporzione tra adulti maschi e femmine, la presenza di numerosi profughi (60 famiglie), delineano le caratteristiche essenziali di una realtà locale molto provata in un momento storico-sociale difficile ed è in questo contesto che, anche grazie al suo immancabile impegno e al costante sostegno, è oggi possibile commemorare attraverso il Monumento ai Caduti quei tristi eventi, perpetuando il ricordo dei propri cari. Oltre ad aver aperto personalmente nel 1922 una Sottoscrizione con un suo versamento di £ 100, egli, amante della poesia, invitò a sostenere l’iniziativa anche attraverso un Appello al Popolo.
Nel mese di luglio del ’22 compose un commovente Inno che, oltre a ricordare i caduti sul fronte di guerra, invitava tutti a guardare avanti con fiducia lavorando per la pace e un mondo migliore:
| Rasciughi il suo pianto
La madre, la sposa Coll’orfano accanto Sorrida orgogliosa A lui che di gloria Già cinge il Signor. |
Su figli d’Italia,
Fratelli di eroi, Cessate dall’odio Sia pace tra voi, Sull’urna dei morti Tal voce s’udì: |
Spezzate le spade,
Tornate al lavoro, Le nostre contrade N’avranno ristoro, Di pace e concordia Deh spunti il bel dì! |
E con questo spirito, dalla costruzione del monumento in poi, le giovani generazioni vennero educate al ricordo e al rispetto per i caduti: lo testimoniano le numerose fotografie di bambini della scuola elementare e quelli di Prima Comunione con i loro maestri e i sacerdoti in posa davanti al monumento, scattate nel corso degli anni dal 1925 in poi.
Quanti conobbero Don Giobatta lo hanno sempre ricordato con affettuosa benevolenza e durante la sua degenza all’ospedale civile di Motta di Livenza i parrocchiani si alternarono giorno e notte al suo capezzale, senza lasciarlo mai solo finché, sopraffatto dal male, si spense il 17 agosto 1931 a 72 anni di età. Riposa nel cimitero di Corbolone.
Curiosità e ricordi su Don Tita:
- In paese non c’era l’oratorio, ma in Canonica erano presenti sempre numerosi bambini e ragazzi coi quali si intratteneva a giocare dopo la messa del mattino e regalava a tutti una “palanca”. A qualcuno di loro offriva per gioco una presa di tabacco, pronto a chiudergli le dita nella scatola se allungava la mano: era il suo metodo educativo alla buona, ma in compenso di notevole efficacia.
- Non appena un parrocchiano si presentava alla porta della canonica, era ricevuto da due cani che, abbaiando, gli saltavano addosso facendo un fracasso indiavolato. Subito dopo arrivava lui, con il suo grande sorriso, per accogliere e ripagare l’ospite di quel primo brusco incontro, dopo aver acquietato le bestie che coglievano ogni occasione per scuotersi di dosso il torpore da cui erano prese per aver sonnecchiato a lungo, sdraiate nelle loro cucce.
- A qualsiasi ora lo si trovava in chiesa, rare erano le sue assenze: i suoi viaggi consistevano nell’andare in carretta un paio di volte all’anno a Portogruaro e altrettante a Motta di Livenza. Raramente si recava a San Stino perché non sapeva usare la bicicletta e l’obbligo della veste lunga ne limitava l’uso.
- La “fama” del parroco di Corbolone era dovuta anche alle sue poesie di carattere satirico e ironico. Cantò svariati argomenti in rima, ripieni spesso di arguzia finissima, avendo come suoi autori preferiti i poeti Berni, Guadagnoli e Giusti. A proposito del Monumento ai Caduti di Corbolone scrisse un Appello al Popolo, un Inno ai Caduti (1922) e un Inno al Monumento ai Caduti composto per il giorno della solenne inaugurazione (28 giugno 1925).
- A Corbolone lo chiamavano Don Tita s-ciopetèr (cacciatore): tale passatempo se lo prendeva poche volte l’anno, però quando si muoveva per andare a caccia assieme agli amici con carretta e cavallo, uno stuolo di cani e relativo armamento, era una messa in scena che dava nell’occhio. I parrocchiani gli avevano dato l’accennato epiteto più per i suoi movimenti impacciati e per il suo modo di camminare che ricordava la sua origine montanara che per le sue battute di caccia. - Marzia Liuto
L'inaugurazione
Il monumento fu inaugurato il 28 giugno 1925. Per l'occasione, don Del Frari compose un lungo inno celebrativo. In precedenza, nel luglio 1922, durante un periodo caratterizzato da forti tensioni sociali e politiche, lo stesso parroco aveva già dedicato ai caduti un altro inno, che si concludeva con un'esortazione alla pace e alla concordia*.
"Quello situato sulla Riviera a Corbolone è un monumento ai caduti a cippo risalente al 1925 e di proprietà dell’ente pubblico territoriale, sotto la tutela per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per la provincia di Venezia, Belluno, Padova e Treviso. È costituito da un gruppo scultoreo in bronzo raffigurante un fante in posizione eretta, che regge nella mano destra un fucile e nella sinistra il Tricolore, a cui rivolge lo sguardo. Tra le rocce ai suoi piedi vi sono i resti di un cannone e un soldato accasciato ed esanime, il quale, come ultimo gesto, afferra con la destra un lembo di bandiera. La scultura poggia su un basamento in marmo di Piovene sormontato da un cumulo di roccia scandita sui prospetti da spesse lastre commemorative in marmo di Chiampo lucidato. Il complesso è disposto su una sezione circolare di roccia fissata con malta cementizia, che presenta una scalinata anteriore d’accesso. Già nel giugno del 1922 c’era l'idea di erigere un monumento ai caduti e don Del Frari, il parroco di Corbolone, iniziò a recuperare il denaro tramite opere di beneficenza. In un suo componimento poetico, al fine di raccogliere fondi, scrisse: “A Corbolone è ferma volontà/ di fare ai suoi caduti un monumento/ che passi eterno alle future età/ [...] a dirvela peraltro in confidenza,/ così a quattr’occhi tra voialtri e me,/ un monumento non si fa a credenza/ [...] perciò alle borse larghe ed alle strette/ io mi rivolgo a suon di tamburo/ e con quella umiltà che non permette/ un ostile rifiuto, io vi scongiuro/ il denaro a versar nelle mie mani, cioè marenghi scudi e carantani/ [...]. Il Comitato avverte che è disposto/ ad accettar con grato sentimento/ buoni del Tesor, oro e argento/ carte da cinque e dieci senza fine,/ anitre, oche, capponi, ova e galline ...”. Probabilmente, il parroco si fece carico dell’iniziativa per permettere alla comunità di Corbolone di ricordare i loro concittadini, morti nella Grande Guerra, nella speranza che la loro memoria potesse perdurare anche nel corso del tempo, tanto che quest’anno, a cent’anni dalla sua erezione, sarà celebrata con una festa che la Comunità, molto legata e unita, ha voluto rievocare con una serie di iniziative culturali. Contribuì ad aggiungere una somma, alle 27 000 lire già raccolte, il Sig. Carlo Calzavara, sebbene avrebbe preferito che con quell’importo fosse costruito un asilo. Il 3 agosto 1924, dopo aver convocato in adunanza i capi famiglia, fu nominato un nuovo Comitato esecutivo “Pro Monumento Caduti in Guerra” composto da 12 membri. Il Sig. Antonio Sebenico venne eletto presidente per acclamazione, la funzione di segretario fu affidata al Maestro Corrado Gubitta, insegnante per 40 anni a Corbolone, grande promotore dell’iniziativa insieme ad altri 119 capifamiglia firmatari di una petizione del 28 luglio 1924. Il complesso fu realizzato nel 1925 dallo scultore vicentino Egisto Caldana. Il 9 gennaio venne presentato il bozzetto del monumento, che fu realizzato tra i mesi di aprile e giugno 1925 e fu inaugurato il 28 giugno di quell’anno, con un banchetto al quale furono invitati tutti i sottoscrittori, gli ex combattenti, i mutilati e i congiunti dei caduti. È interessante notare che la realizzazione di monumenti ai caduti fu moltiplicata con l’appoggio del partito fascista, che in quegli anni si stava affermando in Italia. Tuttavia, la spinta non proveniva dall’alto, bensì dal basso. Fu un’iniziativa di tipo popolare. Infatti, solitamente, i promotori, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, non erano le amministrazioni comunali (sebbene assecondassero e contribuissero anche finanziariamente ai progetti), ma comitati di privati cittadini. Essi erano generalmente costituiti dai membri delle famiglie più agiate. Sostanzialmente, si trattava di coloro che, certamente, possedevano risorse economiche sufficienti a provvedere alla realizzazione delle opere, ma anche un certo livello di istruzione; fatto non scontato all’epoca. Inoltre, erano accesi anche dal sentimento patriottico-risorgimentale, conditio sine qua non per poter comprendere pienamente il significato di un monumento. Bisogna, però, precisare che non mancano affatto contributi provenienti da gente decisamente meno abbiente (si parla di una, due, addirittura mezza lira). Si trattava, ad esempio, di donne che avevano perso mariti, figli, fratelli. Insomma, si potrebbe dire che un po’ tutti tenessero a questo progetto, siccome i soldati che persero la loro vita combattendo non erano soltanto ricchi o, comunque, borghesi, ma c’era anche la gente semplice. " - Sofia e Roberto Guerra
Nel 2025 ricorrono i 100 anni dalla edificazione del Monumento ai Caduti di Corbolone. I contributi in questa pagina sono:
Per la parte fotografica
Archivio parrocchiale di Corbolone
Pierluigi Zecchetto
Flavio Perissinotto
Domingo Zanotto
Per la parte documentale
Marzia Liuto
Roberto e Sofia Guerra
Collaborazioni
Comune di San Stino di Livenza
Comitato Festeggiamenti Corbolone
Parrocchia di Corbolone
Circolo Filatelico Numismatico di San Donà di Piave
*Testo ispriato da San Stino nella Grande Guerra di L. Perissinotto, a cura della Segreteria del Comune di San Stino di Livenza
Alcuni materiali prodotti in occasione del Centenario
Opuscolo, con i testi contenuti in questa pagina
Annullo 100 Anni Monumento di Corbolone
I Caduti iscritti al Monumento di Corbolone
- DE STEFANI GIOVANNI di Pietro, sergente 2° Reggimento Granatieri, nato il 29 luglio 1892 a Motta di Livenza, distretto militare di Treviso, morto il 23 giugno 1915 sul Carso per ferite riportate in combattimento.
- BATTISTELLA ANTONIO di Giuseppe, soldato 71° reggimento fanteria, nato il 7 giugno 1896 a Pinzano al Tagliamento, distretto militare di Sacile, disperso il 28 giugno 1916 in Vallarsa in combattimento. [nell’ Albo d’oro vi sono altri due Battistella Antonio, ma le date di morte non coincidono; inoltre uno dei due è caporale e non soldato].
- MARCHESIN GIUSEPPE di Francesco, soldato 111° reggimento fanteria, nato il 26 marzo 1895, a San Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto il 29 agosto 1915 sul monte San Michele per ferite riportate in combattimento.
- CAVERZAN GIOVANNI di Angelo, soldato 27° reggimento fanteria, nato il 14 aprile 1886 a Portogruaro, distretto militare di Venezia, morto il 23 novembre 1915 nell’ospedale da campo n. 220 per malattia.
- MARIN LUIGI di Luigi, soldato 41° reggimento fanteria, nato il 7 ottobre 1895 a San Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto il 25 dicembre 1915 sul monte Nero per malattia.
- GAIARDO GIOVANNI di Giuseppe, soldato 154° reggimento fanteria, nato il 23 ottobre 1895 a Santo Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto il 14 gennaio 1916 nella 27^ sezione di sanità per ferite riportate in combattimento.
- MARIN ANDREA di Carlo, soldato 228° reggimento fanteria, nato il 5 dicembre 1896 a San Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto il 27 giugno 1916 nell’ospedaletto da campo n. 89 per ferite riportate in combattimento.
- ZANON ANDREA di Antonio, soldato 228° reggimento fanteria, nato l’11 novembre 1896 a Santo Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto il 14 agosto 1916 sul medio Isonzo per ferite riportate in combattimento.
- CAVERZAN ERNESTO di Angelo, caporale 56° reggimento fanteria, nato il 22 settembre 1887 a Portogruaro, distretto militare di Venezia, morto il 6 ottobre 1916 nell’ospedale da campo n. 0132 per ferite riportate in combattimento.
- ZANIN VITTORIO di Valentino Giuseppe, soldato 57° reggimento fanteria, nato il 26 agosto 1896 a Santo Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto il 31 gennaio 1917 sul medio Isonzo per ferite riportate in combattimento.
- ROCCO LUIGI di Timoteo, soldato 72° reggimento fanteria, nato l’8 ottobre 1897 a Cessalto, distretto militare di Treviso, morto il 6 settembre 1917 nella 53^ sezione di sanità per ferite riportate in combattimento.
- BRAGATTO GIUSEPPE fu Pasquale: NON TROVATO
- SANDRE GIOBATTA di Angelo, soldato 70° reggimento fanteria, nato il 18 ottobre 1891 a Vazzola, distretto militare di Treviso, morto il 7 dicembre 1917 in prigionia per malattia.
- PERISSINOTTO PASQUALE di Antonio, soldato 71° reggimento fanteria, nato il 7 gennaio 1888 a Motta di Livenza, distretto militare di Treviso, disperso il 28 novembre 1915 ad Oslavia in combattimento.
- ZANON PIETRO di Antonio, soldato 71° reggimento fanteria, nato il 15 novembre 1898 a Santo Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto l’8 dicembre 1917 in prigionia per malattia.
- FABRETTI VITTORIO di Giovanni, soldato 1121^ compagnia mitraglieri, nato il 13 dicembre 1890 a Santo Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto il 1° gennaio 1918 nell’ospedale da campo n. 054 per ferite riportate in combattimento.
- NOBILE LUIGI di Angelo: NON TROVATO
- ZANUTEL GIUSEPPE di Leonardo, soldato 98° reggimento fanteria, nato il 30 ottobre 1892 a Santo Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto il 12 febbraio 1918 in prigionia per malattia.
- ZANUTEL ADOLFO di Antonio, soldato 2° reggimento granatieri, nato il 9 settembre 1895 a Santo Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto il 19 marzo 1918 a Colorno per malattia.
- CESTER RUGGERO di Nicolò, soldato 8° reggimento bersaglieri, nato il 26 aprile 1898 a Santo Stino di Livenza, distretto militare di Venezia, morto il 28 marzo 1918 in prigionia per malattia.
- CROSARIOL VITTORIO di Angelo: NON TROVATO
- ARVIANI PIETRO di ignoti: NON TROVATO
- TRESCHI GIUSEPPE di ignoti: NON TROVATO
- BRAGATTO ANTONIO di Giuseppe: NON TROVATO
- PRAUSELLO ANTONIO fu Gioachino: NON TROVATO
- VISOTTO ORESTE di Antonio: NON TROVATO






